VITA

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Metti in gola improvviso
a un passero estraneato
un poema gentile
che interseca l‘azzurro
dopo avermi indagata
{svegliata nel profondo,
stuzzicando memorie).
Tra tempeste diverse,
da quel canto,
ti riconosco,
vita!

CULTURA…maneggiare con cura!

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Niente paura, è solo cultura!”. Questo lo slogan dell’Associazione culturale ‘ La Mandragola’, da me creata anni fa.

Non abbiatene terrore. La Cultura  è ricchezza, è il passaporto per dare un senso più consapevole e condiviso al nostro esistere. È ponte, agevolazione, raccomandazione, parentela… È concatenamento tra noi e noi stessi, noi e gli altri. Radici comprese, le  più lontane e i mondi ignoti dell’Universo. Non morde, non toglie, arricchisce. È il più prelibato dei cibi, per le “pance alte”, quelle del cuore e del cervello, avide anch’esse e spesso, troppo spesso, lasciate digiune.

È forte, impegnativa, delicata: la Cultura ha bisogno di cura. I Ministri preposti a sostenerla, spesso non sembra ne abbiano una buona cognizione.

Tagli, tagli e tagli a Cultura e Pubblica Istruzione. Alla storia, ai musei, ai monumenti (esempio, la Reggia di Caserta da mesi senza direzione).

Tagli, tagli e sforbiciate come se la cultura fosse una chioma, tanto poi ricresce! E invece più la si taglia e più si indebolisce.

Se non la si tiene in primo piano, in palmo di mano, finisce con l’inaridirsi, avvizzire, con conseguenze disastrose.

Poiché ignoranza crea ignoranza e malfede. Devitalizza creando infezioni anche irreversibili, di idee approssimative e malsane. L’ignoranza crea aberrazioni.

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GRANI

 

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Sgranava mia nonna
melagrane
nei pomeriggi che guardavano lievi
più l’estate trascorsa
che il freddo da venire.
Sgranava rubini vivi
e storie
racconti lontanissimi nel tempo
tanto veri da non sembrare veri.
Nei riflessi, in quei giorni,
tra le vermiglie dita
era il rosario intenso
della sua fede:
della fede nostra
nella vita.

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Foto-marilenamonti

L’addio

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E insiste, lancinante,
un grillo.
Non è più canto, il suo,
nella notte d’ottobre che accatasta
ricordi dell’ estate. È pianto.
E sembra identica la luna
a quelle già passate,
zuccherine di fichi,
pomelie bianche e sale.
Le nubi avvolgono memorie,
le portano lontano
mentre il grillo dispera
le sue ultime note
dell’addio.
©marilena  monti – 5/10/17

Foto- marilenamonti

Cuginetti

Se la SICILIA è la mia TERRA MADRE che dall ‘AFRICA s’è staccata, tutta l’ Africa come una  ‘NONNA‘, io l’ho sempre considerata…
E siccome la Sicilia di quel gran continente è un “pezzetto”…
OGNI AFRICANO, io, lo considero  un “CUGINETTO“.

Perciò ho scritto questo canto che vorrei fosse canticchiato da tutti coloro che hanno a cuore i vincoli di appartenenza all’essere ‘umani’, le parentele dell’anima, quelle che contano di più.
E soprattutto i bambini vorrei lo cantassero!…

E tu mi rendi ricco…

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Voglio essere “Riace”. Terra di un’anima che accoglie. Corpo, anima, lavoro e casa per quelli senza nulla che annaspano, andando di mare in mare: mari di violenza, onde ostili, luoghi comuni,  pregiudizi, nuove schiavitù.
Un mare di rifiuti, rigetti, prevaricazioni, negazioni, vessazioni, respingimenti…
I più non possono parlare, la nostra lingua non la sanno, possono piangere nella lingua comune (esperanto del dolore), fatta di sole lacrime.
Odio sapere che paesi fantasma vivano senza sorrisi, voci e passi nelle strade. Odio sapere che case abbandonate restino vuote a marcire di topi e nostalgia. Odio sapere che le scuole siano chiuse, per assenza di allievi.
Vorrei che fossero “Riace” i paesi, i paesini e i borghi spopolati, in questa Italia che ha voltato le spalle alla sua storia, che ha svenduto la sua anima più vera, al peggiore offerente.
Potrebbero essere “Riace” i luoghi tutti: accoglienti, utili, produttivi, vitali.
Siano “Riace” i cuori, ampi di tetti e di camini accesi (perché l’inverno non veda i nostri fratelli all’addiaccio!). Comuni rinati all’insegna dello scambio, dell’integrazione e del rispetto: e io ti arricchisco  e tu mi rendi ricco…di umanità.

Foto-cappittomihai.com

Cambiamenti…

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Sembrava impossibile che da una piccolissima feritoia, grande appena quel tanto da consentire a una moneta da 2 euro di essere introdotta… sembrava impossibile che…
Una intera vita di risparmiucci. Sin da quando i denti da latte venivano giù e fatine o Santi, consolavano di tale, imbarazzante perdita, lasciando sotto il cuscino qualche moneta. E poi, i regali di nonni e zie ad ogni compleanno e Natale e una parte della paghetta (per i più fortunati). Quindi i primi lavori, magari ancora da studenti… Infine, da adulti, una fetta dello stipendio, seppur piccolissima andava a finire là. Giacché il futuro è sempre imprevedibile, può accadere qualunque cosa e la vecchiaia poi, quella non risparmia nessuno, riserva colpi bassi. Disabilità e difficoltà a muoversi autonomamente, imporranno che qualcuno ti aiuti. Qualcuno che va pagato e la pensione, nella gran parte dei casi, non basta.
Qualcosa quindi, sempre, nel salvadanaio; ciascuno formichina del proprio sopravvivere. Certo, rinunciando a un viaggio sognato da sempre, a una  auto nuova, a una cena con gli amici in un ristorante famoso, a un gioiello, a un impianto di riscaldamento più consono… ma sempre meglio avere un occhio  al futuro.
20181009_102400.jpgSembra incredibile eppure è vero. Pare che un paio di ratti, famelici e aggressivi, cattivi e scellerati, si sia introdotto, attraverso la feritoia minuscola, proprio all’interno del salvadenaio. Stanno rosicchiando i nostri risparmiucci che tante fatiche e rinuncie ci sono costati. Giorno per giorno, in pochi mesi, una moneta oggi, una banconota di piccolo taglio domani. E i risparmi calano e le incertezze aumentano.
Circola voce che promettano di essere più abili degli umani, che mangiando soldi, governeranno e spargeranno mance e pensioni, che cancelleranno la povertà e daranno scacco ai potenti della terra.
Circola voce che siano spocchiosi e malevoli. Tu non li vedi mentre risicchiano le tue piccole certezze economiche eppure, se vai a guardare, tutti i giorni dal tuo salvadanaio, un 2,5 % un 1,9%, un… ė sparito e non te ne fai una ragione.
Pare siano brutti e iracondi. Circola voce che siano “neri”. 20181009_102449

Risposte

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Vedi, mi dico, esistono risposte. Ci sono: tangibili e chiare come il sole. Il mio gelsomino antico di decenni, piantato da una nonna, trasportato tra luoghi e tempo, soffre. Gli afidi, ignobili come tutti i parassiti, (in combutta con le formiche) lo torturano, tendono ad ucciderlo.
La lotta è durata da giugno e continua. Mezzi naturali, lavaggio quotidiano delle foglie (tante), rimozione di quelle che il pidocchio delle piante uccide quotidianamente… ma soprattutto parole. Giacché io credo fermamente,  che la parola sia anche terapia. Gli dico che lo amo, gli racconto che nella vita combattere il male ci può sfiancare ma che guai a darsi per vinti  o abbassare la guardia. Gli dico che ce la faremo. Gli chiedo scusa per i giorni in cui il vento forte e umido mi  impedisce di dedicargli il tempo che gli occorre, gli chiedo scusa per le assenze, lo guardo con amore, lo accarezzo. So anche ascoltarlo.
Da principio mi dava due piccoli fiori, la sera. Sapevo quanto gli fossero costati. Di notte amo tenerli sul comodino, i preziosi fragranti candidi. Riempiono di incanto le insonnie più ostinate.
Poco a poco con la mia terapia improvvisata,  sono aumentati di numero. Adesso che la comunicazione è quasi  perfetta (preciso che  non faccio parte di quelli che hanno il pollice verde)… accade che, alla fine della “cura” quotidiana, pochi minuti dopo che ho finito, tantissimi boccioli si dischiudono. Proprio davanti ai miei occhi. 20, 35, 50, 96… Per ciascuno che ne colgo, il mio grazie, ad alta voce, esterrefatto e gioioso. E intanto che vado a poggiarli sul comodino non posso che ripetere a me stessa la certezza: le risposte esistono, i bilanci possono segnare punti sulla colonna dell’attivo. Esiste lo scambio, esiste il dare. Ma non per avere in cambio qualcosa. Se saprai dare, il dono giungerà.
Perciò non bisogna abbassare la guardia, perciò non bisogna darsi per vinti: per quanto maligni e in mala fede possano essere i parassiti, di ogni specie!

foto- marilenamonti

Meglio sapere

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Alle 7,15 di ogni mattina, con lo stesso puntuale fervore e con lo zelo che avevo al tempo della scuola elementare, ascolto su Radio 3, “Prima pagina“: lettura delle prime pagine dei quotidiani a cura di giornalisti che si avvicendano; a seguire,  i commenti dei radioascoltatori.
Si discute brevemente e civilmente. Si maturano opinioni, si interviene anche via sms o wattsapp.
Ma non sono più i giorni della scuola. Lì sapevi che
avresti scoperto ad ogni ora qualcosa di nuovo, stupefacente; noioso o incomprensibile che fosse, era un insieme di porticine che ti conducevano nel mondo del sapere, nella scoperta delle leggi del pianeta, nella meraviglia della poesia, nel rigore dei numeri e nella storia.
Oggi, alla fine della “lezione” radiofonica, dell’apprendimento delle cattive notizie, del male che dilaga, mi sento stanca e demotivata, delusa e arrabbiata. Mi pare che da scoprire ci sia solo la crescente ingordigia dell’essere umano ( i potenti, soprattutto), la sua incapacità d’imparare, la stupidità onnivora, la costante attitudine  a distruggere, l’emulazione compulsiva, l’incapacità di empatia e generosità.
Certo potrei sintonizzarmi su una qualunque radio di “aria fritta”, in tarda mattinata magari, e ascoltare brutti ghigni (musicali?), di americana importazione insieme a tonnellate di intollerabile pubblicità. Certo, sarebbe più lieve il buongiorno!

E invece, tutto sommato, preferisco sapere, ancora sapere e capire… E sperare che le porticine che mi si aprono quotidianamente, non ci conducano ad un punto di non ritorno!